Non solo blues: intervista a Paolo Bonfanti


Paolo Bonfanti Band, da sinistra:
Roberto Bongianino; Paolo Bonfanti;
Alessandro Pelle; Nicola Bruno

(Foto: © Guido Harari)

Dagli anni ottanta ad oggi, passando attraverso molteplici progetti ed esperienze con musicisti di diversa estrazione, Paolo Bonfanti è andato avanti per la sua strada mantenendo la schiena dritta e non piegandosi alle leggi del business. Per questo è uno dei musicisti italiani più stimati anche dai colleghi. Lo abbiamo raggiunto via mail in occasione della pubblicazione dell'eccellente Exile On Backstreets.

www.paolobonfanti.it


L'intervista
a cura di Paolo Baiotti


Hai iniziato come leader dei Big Fat Mama, uno dei pochi gruppi italiani di blues rilevanti degli anni ottanta. Che cosa ricordi di quell'esperienza e come ha influenzato gli sviluppi della tua carriera?

Per me i Big Fat Mama sono stati fondamentali perché mi hanno dato la possibilità di iniziare una carriera come musicista. Sono stati la mia "road school" in qualche modo, un'esperienza che ha avuto la sua storia e poi si è esaurita, ma che ha comunque lasciato un segno importantissimo nella mia vita di musicista.

Quali sono stati i musicisti che ti hanno influenzato maggiormente in ambito blues?

I primi gruppi che mi hanno avvicinato al blues sono stati gli americani Nighthawks e due band inglesi come la Blues Band di Paul Jones e Dave Kelly e i Nine Below Zero. Anche il John Mayall di Turning Point e Jazz Blues Fusion è stato importantissimo nella mia formazione. Da lì ho scoperto i grandi maestri, due su tutti: Muddy Waters e Elmore James. Devo dire che una grande spinta l'ho avuta anche da due formazioni italiane: i Big Fat Mama che nella formazione di fine anni '70 erano una sorta di leggenda a Genova e dintorni e la Treves Blues Band, che vidi per la prima volta a Genova nel '76.

Successivamente hai collezionato collaborazioni con personaggi importanti del blues inglese e italiano, del folk e del bluegrass. Quanto ti hanno aiutato ad ampliare il tuo discorso musicale, smarcandoti progressivamente dal blues?

In realtà già nei primi dischi con i Big Fat Mama il blues era la radice o se vogliamo il pretesto per muoversi anche in altre direzioni (ad esempio il secondo album suonava molto southern rock). Già prima di cominciare ad intraprendere la carriera di musicista ero solito ascoltare moltissimi generi musicali. La mia formazione "classica", tanto per fare un esempio, mi ha avvicinato al mondo della musica sperimentale e del free jazz che tuttora frequento, se non come esecutore di sicuro come ascoltatore. Il fatto di ascoltare differenti generi è stato sempre presente nella mia vita. Direi che in qualche modo è il contrario di quello che si dice nella domanda, nel senso che mi sono trovato a suonare con bands diversissime dal punto di vista del genere musicale proprio per la mia innata curiosità verso molti e differenti stili musicali.

Ritieni che la tua carriera solista abbia avuto l'evoluzione che ti aspettavi e che hai cercato o certi sviluppi sono stati inaspettati?

E' difficile prevedere precisamente un'evoluzione, ma posso dire che sono contento di quello che ho fatto e di quello che sto facendo. La musica per me è (come) la vita. Si possono fare errori, si possono a volte prendere strade/decisioni sbagliate, ma per quanto mi riguarda il bilancio è positivo. Certo, mi sono scelto un genere musicale che di sicuro non ti fa arricchire più di tanto dal punto di vista finanziario…sono un genovese un po' atipico!

Consideri gli Slow Feet (band comprendente Franz Di Cioccio e Lucio Fabbri della PFM) un divertimento, l'occasione di suonare con degli amici o qualcosa in più? Siete sempre in attività?

Gli Slow Feet sono un po' tutte e tre le cose e tante altre ancora. Soprattutto la possibilità di confrontarmi musicalmente ed umanamente con alcuni "mostri sacri" del rock italiano (e non solo, se pensiamo che la PFM è stata la prima band rock italiana a fare un tour e un disco live negli Stati Uniti già nei primi anni '70). L'attività sta continuando anche se tutti noi abbiamo un bel po' di impegni. C'è in programma di fare prima o poi un nuovo cd, questa volta (con tutta probabilità) con testi in italiano.

Quanto conta l'aspetto didattico nella tua vita? Tra insegnamento, libri, dvd, carriera solista e collaborazioni mi sembri impegnato su molti fronti…

Devo dire che ultimamente sono stato piuttosto prolifico con i metodi didattici. E' tutta "colpa" di Reno Brandoni e degli amici di www.fingerpicking.net che mi hanno fatto vincere la mia proverbiale pigrizia e mi hanno fatto mettere su carta (e su cd e dvd) un po' della mia esperienza musicale e didattica.

Che cosa rappresenta Exile On Backstreets nel tuo percorso?

Di solito per me un cd è la fine di percorso. Registro dopo avere suonato i brani dal vivo, magari per un'intera stagione di concerti e forse più. Con Exile questo non è praticamente successo. Avrò suonato dal vivo prima di registrarli un paio di brani e non di più. Gli altri sono stati composti e subito incisi. Non fosse solo che per questo, Exile è in qualche maniera un disco anomalo.

Mi pare un disco più vicino alla musica roots e al rhythm and blues, con una particolare attenzione ai testi…

In effetti è il lavoro più vicino alla cosiddetta "black music" nel suo complesso della mia intera produzione. Devo dire che i testi per me sono da sempre una parte importantissima del lavoro. Sono sempre molto attento a scrivere cose che abbiano una profondità e non soltanto una buona assonanza con la musica. Questo succede fin dai tempi dei Big Fat Mama ed anche nei miei due lavori in italiano e in dialetto genovese.

La maestosa title track è un brano notevole che non sfigurerebbe in un disco di The Band o di Van Morrison. I riferimenti nel titolo agli Stones e a Springsteen e nel testo a Dylan sono casuali o voluti?

Intanto grazie mille per il complimento! Essere accostato a questi nomi non può che rendermi orgoglioso! Come si suol dire: ogni riferimento è…puramente voluto!

Slow Blues For Bruno è un lento che mi ha colpito per l'uso della fisarmonica al posto della voce solista, molto emozionante come il tuo assolo di chitarra…

…e grazie molte di nuovo! Per questo brano volevamo (per quanto possa sembrare paradossale) creare un'atmosfera che fosse diversa dal solito, classico blues lento. Con un ambiente musicale "scuro" e la fisarmonica (Roberto Bongianino prende un solo davvero efficace) ci sembra di essere riusciti in questo intento.

Ammetto di non avere capito il senso di un brano rappato come Black Glove. E' un tentativo di arrivare ad un pubblico che abitualmente non ti ascolta?

Per Black Glove vale la mia solita regola (in vigore da quando ho iniziato a comporre); faccio quello che mi sento. Mi fa un po' sorridere il fatto che di questo brano, trasmesso più volte a Radio Capodistria in Slovenia, molti ascoltatori abbiano chiesto se per caso non fosse stato realizzato un singolo! In effetti mi ha avvicinato ad un pubblico che non è il mio, ma tutto è stato (come al solito) puramente casuale!.

Mi ha sorpreso anche la cover di Up To My Neck To You degli Ac/Dc…non mi sembra molto nelle tue corde al contrario di I'll Never Get Out Of This World Alive di Hank Williams…

Anche la storia di Up To My Neck è piuttosto singolare. La prima volta che l'ho ascoltata era in una versione di Jim Suhler, un rocker texano che ha scritto brani anche per i Fabolous Thunderbirds. Mi sono detto che un po' di texas rock ci voleva, anche per ricordare i vecchi tempi (in Texas ho registrato una parte del mio cd del '94 Cardinal Points). Mentre lo registravo mi rendevo conto che suonava molto Ac/Dc; soltanto quando sono andato ad accertarmi che Jim Suhler fosse effettivamente l'autore ho scoperto che era veramente un brano degli Ac/Dc! Mi andava bene il risultato e l'ho incluso nel cd.

Complessivamente sei soddisfatto del disco o riascoltandolo pensi che avresti potuto cambiare qualcosa?

Nel complesso sono soddisfatto. C'è sempre qualche piccolo particolare che col senno di poi si poteva migliorare, ma comunque penso che sia un lavoro che suoni molto genuino. E per me è la cosa più importante.

Preferisci suonare da solo, in trio o con la band al completo?

Ogni tipo di formazione ha il suo fascino. Quest'ultimo è decisamente un disco da band, ma ho provato a suonare gli stessi brani anche da solo e spesso acquistano sfumature imprevedibili…e la cosa mi piace molto!

Quali sono i tuoi prossimi progetti oltre alla promozione di Exile On Backstreets?

Il progetto più prossimo (tanto per non smentire la mia estrema varietà di interessi musicali) sarà un cd acustico in duo con Martino Coppo, fenomenale mandolinista e cantante bluegrass (e non solo) che milita nei Red Wine, una delle migliori bluegrass bands europee, che uscirà nella seconda metà di febbraio.


     



 


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