:: Eugenio Finardi
Anima blues, l'intervista


Eugenio Finardi
è in gran forma. Ha fatto definitivamente tabula rasa del pop-rock cantautorale ed è ripartito, risalendo il fiume ed arrivando alla sorgente della musica pura: il blues. I suoi compagni di viaggio sono il giovane chitarrista Massimo Martellotta e due "vecchi corsari" come Vince Vallicelli e Pippo Guarnera. Il risultato di questa ricerca è un disco di straordinaria bellezza: Anima Blues. Opera assolutamente sui generis, nata un po' alla volta, gradualmente, senza fretta e tuttavia meglio di ogni altra in grado di testimoniare l'atto d'amore di Eugenio Finardi nei confronti della musica. Finalmente libero di abbandonarsi alle sensazioni, ad una vocalità spregiudicata e selvaggia, ad una vena compositiva fertile e feconda, Eugenio dà fondo ad una "Santa Barbara" blues che lascia attoniti e stupiti, increduli, quasi, nel ritrovare tanta vitalità ed energia in un autore che temeva di aver prosciugato il pozzo della sua arte. Lo abbiamo intervistato per Rootshighway in occasione del fenomenale concerto tenuto il 26 di giugno a Vascon, vicino a Treviso. Ecco cosa ci ha raccontato, assieme a Massimo Martellotta
(di Matteo Strukul)


Recensione di Anima Blues


L'intervista

Recentemente hai dichiarato che "il blues non si suona, si ha". Personalmente sono d'accordo con te, da quando hai con te il blues? Da sempre? Come hai scoperto i maestri?

Eugenio Finardi: Ce l'ho dai tredici anni. A tredici anni io andavo quasi tutte le estati da mia nonna in America, in New Jersey. L'estate dei tredici anni, però, sono andato anche in California, ho attraversato l'America con un Greyhound Bus. Era un'estate particolare, con la Mustang del 1965 rimasta storica, ed è stata anche l'occasione in cui ho dato il mio primo bacio…e poi mio cugino, stronzo, americano, credendo che mi piacessero i Beatles, che pure mi piacevano, mi ha regalato i primi tre dischi dei Rolling Stones. Parlo di Out of our Heads e gli altri, ed in effetti quelli erano dei veri e propri dischi di blues. Beh, dopo averli ascoltati, sono ovviamente andato a vedermi chi erano gli autori e, a parte i pezzi scritti dagli Stones che ormai erano divenuti dei classici, penso ad esempio a The Spider and the Fly, c'erano poi quei brani in cui gli autori avevano altri nomi come nel caso di Muddy Waters, ad esempio, e naturalmente altri di questo calibro. Il punto è questo insomma: nei Beatles c'erano più Chuck Berry e in generale i nomi dei rock'n'rollers, come autori, per i quali tutto sommato non facevo follie, per gli Stones, invece, la fonte prima di ispirazione erano i bluesmen ed è così che ho cominciato a cercare i loro lavori e subito ho trovato un disco di John Lee Hooker dal vivo: One Bourbon, One Whisky, One Beer si chiamava, sai uno di quei dischi con il retro tutto scritto…e lì sono impazzito! Si fa fatica a dire l'effetto che ha avuto quel disco. La realtà è che, per tutti gli anni '60, io, Alberto Camerini, Treves, tutti noi insomma sentivamo, ascoltavamo il blues, al punto che mi sento di dire che per me il fatto di aver fatto musica in Italiano è stato quasi un incidente di percorso.

Quali sono fra Willie Dixon, Muddy Waters, John Lee Hooker e B.B. King i bluesmen che ti hanno maggiormente influenzato?

EF Diciamo che i Bluesmen che mi hanno maggiormente influenzato sono stati anzitutto Willie Dixon, come autore, poi Muddy Waters come interprete di Willie Dixon, ma anche come vocalità, e infine John Lee Hooker. B.B. King mi ha influenzato meno, è più Chicago blues, è più il blues che anche noi, come band intendo, "frequentiamo" di meno. Poi quando"jammiamo" chiaramente ci piace anche fare i blues lenti, tipo Chicago, ma, come dire, resta il fatto che "il Chicago", pur piacendomi, non è il massimo per quel tipo di visceralità che voglio tirare fuori io

Com'è nato il progetto Anima Blues e poi come mai hai dovuto attendere quarant'anni per poterlo realizzare?

EF Semplicisticamente potrei dirti perché non me l'hanno lasciato fare, però in realtà è perché dovevano "quagliare" alcuni fattori. Io credo che il blues sia o una musica estremamente giovane oppure una musica da vecchi, e questo per il tipo di abbandono che richiede, capisci? Voglio dire noi non siamo partiti con l'idea di suonare IL BLUES, enciclopedicamente parlando. Mi spiego: Treves, per esempio, credo che sia uno che suona IL BLUES. Noi siamo partiti da un'urgenza di un nostro blues da cantare, un progetto sonoro, un suono che io e Martellotta avevamo in testa in modo preciso e che nasce molto, se vuoi, da John Lee Hooker, ed in particolare da quella matrice, da quel walk speciale che lui aveva, sai ….il "creare l'ipnosi" ……

Quasi un'attitudine…

EF Si, hai capito. Un atteggiamento, un delta elettrico, volevamo insomma a tutti i costi "bypassare" Chicago. In questo senso anzi un riferimento fondamentale per noi può essere stato molto di più Ben Harper che io trovo, fra l'altro, sia il blues di oggi.

Ok, la sensazione che ho, quando sento questo disco, Anima Blues, è quella che mi dà "Heart of Darkness" di Joseph Conrad, cioè quel fatto di risalire il fiume per arrivare a quello che stai cercando…

EF Si, Heart of Darkness è il senso. Molti mi chiedono: "Perché non lo hai fatto dieci anni fa un disco come questo?" Sai, devo dirti che dieci anni fa è il momento in cui io considero di aver abbandonato la musica italiana, in modo definitivo, cioè a livello di testa proprio. Il problema è che dieci anni fa io il blues l'avrei recitato, adesso invece ci siamo, oramai sono un vecchio, non ho più niente da dimostrare a livello di pop, adesso è solo puro abbandono ed in questo senso "Il Silenzio e lo Spirito" è stato uno step per arrivare a questo "traguardo". Tuttavia il primo passo è stato realizzare il disco di musica fado. Il fado mi ha cioè mostrato che, se volevo, ero in grado di uscire da Finardi, facendo una cosa in cui credevo, abbandonandomi localmente, anche se, naturalmente, si trattava di un campo che non mi apparteneva. Il fado mi ha quindi fatto scoprire che il pubblico mi seguiva anche se stavo cercando di fare qualcosa di completamente diverso

Com'è per te cantare in inglese? Liberatorio? Diverso? Mi sembri molto più libero, più diretto…

EF Beh si, si, certamente, ma sai il discorso non è tanto quello, il discorso è che io canto meglio in inglese il rock. D'altra parte mi sembra di aver dimostrato, con Il silenzio e lo spirito, che in italiano si canta la musica lirica. Cantare il rock in italiano, è per me una forzatura. Vedi, io qui posso anche cantare Diesel, e la gente la apprezza molto, però in realtà sembro Paolo Conte che recita Diesel, ed è esattamente questo quello che voglio dirti: non è questo per me il modo naturale di cantare in italiano. Del resto ho la fortuna di avere la mamma americana, di essere bilingue, perfettamente, e di aver assorbito almeno in parte la cultura americana. Inoltre, se ci pensi, ti rendi conto di come la stessa cultura nera sia comunque arrivata fino a noi, tramite gli inglesi degli anni '50 e '60, e tramite tutta la nostra cultura e la migliore dimostrazione di un simile fatto ce l'ha data Wim Wenders realizzando il più toccante dei sette film sul blues, quelli della serie ideata da Martin Scorsese. Per questo motivo anch'io ho pianto per In death of J.B. Lenoire: e per tutti questi motivi il blues è anche nostro, ed evidentemente se ne devono essere accorti anche i vecchi Bluesmen. Chi era, Muddy Waters?, No aspetta John Lee Hooker era quello a cui avevano chiesto "Come mai adesso lei ha un pubblico tutto bianco?" e lui rispondeva "Perché i giovani neri ascoltano il rap". Però non è un problema di bianco e nero perché il blues è una questione di anima e l'anima non ha colore. Questo è il motivo profondo per cui abbiamo intitolato il disco Anima Blues.

Penso che il tuo disco sia il più internazionale dei dischi italiani da molto tempo a questa parte, che ne dici?

EF Io non me lo sono posto come obiettivo, o per meglio dire, noi abbiamo semplicemente fatto un disco che ci sarebbe piaciuto ascoltare. Adesso stiamo viaggiando in macchina con un cd di mp3 e dentro c'è di tutto: Ben Harper, Rolling Stones, Led Zeppelin, ZZ Top, John Lee Hooker.. La cosa vera che ti devo dire è che anche Martellotta non sapeva di essere un bluesman fino ad oggi.

Massimo Martellotta: Aspetta, io non avevo, diciamo così, la presunzione, per ritenermi un bluesman. Ad esempio non ho mai fatto Hendrix perché lo rispettavo troppo, oppure perché vedevo gente che lo faceva male e per questo mi sentivo male e la stessa cosa mi capitava col blues. Lo suonavo di nascosto in camera, avevo quasi paura, non mi andava di considerarmi un bluesman, era troppo. Invece con Eugenio ci siamo fatti forza a vicenda, cioè lui l'ha sempre fatto ma adesso ha preso definitivamente coraggio…

Ok sono contento che ci sia anche Massimo Martellotta perché, in quella che personalmente ritengo la tua rinascita artistica, c'è stato un lavoro di squadra con Massimo che ti ha portato a realizzare undici pezzi "olografi" per questo album, quindi di tuo pugno, fatto questo che non accadeva da parecchio tempo

EF E certo, alla faccia, sono olografi (ride)….no, a parte gli scherzi era tantissimo. Beh io credevo che il pozzo si fosse prosciugato, Amami Lara è l'ultimo pezzo che ho scritto. Ok, un breve commento alle canzoni del disco. Mojo Philter mi ricorda molto gli Zeppelin

MM Si, infatti, di recente ho riscoperto i Led Zeppelin perché ho comprato l'IPOD, con cui hai la possibilità di mettere dentro tutte le canzoni che vuoi. Così mi sono fatto una mega - collezione di tutto quello che mi è sempre piaciuto ed ultimamente avevo in testa i Led Zeppelin e così sono arrivato in studio con quest'idea e anche se all'inizio gli altri mi hanno guardato un po' così, poi sono riuscito a convincerli e adesso devo dire che il pezzo piace..

EF Veramente lui all'inizio ci ha detto che si era ispirato agli ZZ Top ed è stato per quello che la proposta è passata.

Sweet Surrender ed Heart of the Country sono più rurali, più country blues, mi ricordano certi brani di Ry Cooder.

MM Si

EF Il fatto è che, onestamente e per fortuna, siamo, abbastanza ignoranti, almeno non so lui ma io sono abbastanza ignorante cioè chiaramente conosco Ry Cooder, penso a Paris, Texas, ma forse sono più le fasi in cui abbiamo scritto le canzoni a caratterizzare queste ultime: Sweet Surrender, Heart of the Country, Holyland e Martha's Dream sono nate tutte nella prima sessione di prove.

MM Si, infatti sono nate a Forlì che poi è stato il primo luogo in cui ci siamo trovati per fare in teoria la prima Jam. Sai, c'eravamo trovati con Pippo e Vince per provare e magari tirare fuori qualche seratina insieme e invece poi sono usciti questi primi quattro pezzi che, in effetti, sono quelli più legati alla tradizione, diciamo così più classici.

EF Più antichi proprio, anche perché eravamo all'inizio. Anima Blues inizialmente era roots come progetto, aperto, e poi è nata questa "bestiona" che continua ad andare avanti e che percorre la strada del blues. La seconda tranche di composizioni, sei mesi dopo, è rappresentata da Long Way Home, Pipe Dream, che si rifanno molto di più al blues inglese, penso ai Free ad esempio, le ultime composizioni sono invece Mojo Philter ed Estrellita, cioè "i figli di".

Martha's Dream è strumentale, mi ricorda un po' come approccio quello di Duane Allman in Little Martha, è un caso? Perché hai scelto il nome Marta?

MM E' il nome della mia ragazza e comunque è davvero bello che ti ricordi in qualche modo gli Allman.

EF Devo dire che l'unico riferimento voluto agli Allman Brothers è la doppia linea di chitarra che c'è in Holyland, una delle poche sovraincisioni in cui abbiamo doppiato le slide. Ecco quella è una citazione assolutamente voluta e che dal vivo facciamo io e Massimo alle chitarre.

Ognuno dei tuoi compagni, Massimo, Vince e Pippo ha contribuito in modo decisivo e personale alla realizzazione del disco. Se dovessi darmi un motivo per ciascuno di loro per cui ringraziarlo, quali motivi mi diresti?

EF Beh, per quanto riguarda Massimo il disco è tanto mio quanto suo, si tratta di un progetto nostro, l'abbiamo condiviso da subito, c'è stato questo focus, questo suono elettrico ma sempre legato alle radici, volevamo insomma evitare quel blues di cui si diceva prima, perché lo trovo scarsamente espressivo per me vocalmente. Lo volevo viscerale e Massimo credo che la vedesse nello stesso modo. A Vince dico grazie per la sua arcaicità. La caratteristica di Vince è che non si è mai messo ad "andare dietro ad un click" di batteria, trova inconcepibile "andare dietro al click" e questo è grandissimo in lui perché gli dà una forte carica dinamica: lui è in grado di farti uno shuffle che "slega" e ti fa muovere il piedino a volume 0,3, il che se ci pensi è straordinario. Tutti sanno slegare a 100, prova a "slegare" a due e vediamo un po' se sai suonare. A Pippo dico invece grazie per il basso, perché è un bassista pazzesco, cioè io che ho fatto il disco lo sento e, nel momento in cui entra il basso, è come se mi vedessi il bassista davanti agli occhi, il Barnyard Mama, sai, tipo roccabilly.

Il processo creativo com'è stato per questo disco? E' cambiato rispetto al passato?

EF Io credo che tutti i processi creativi facciano riferimento ad una musica ideale che si ha in testa. La cosa che ha reso questo lavoro più facile è che la cultura di riferimento è estremamente forte, quello che rende così difficile scrivere in italiano è che non c'è una cultura altrettanto forte, cioè ti metti a scrivere un pezzo in italiano e dove lo collochi? Tra la Pausini e Renga? Voglio dire….. o tra Vecchioni e Guccini? Che disco fai in italiano fondamentalmente? Invece facendo musica blues in inglese metti il tuo mattoncino in un muro che è una vera fortezza.

Come vedi l'attuale scena italiana?

EF Io sto scoprendo una scena blues italiana. Questo da un certo punto di vista è quasi ovvio perchè io vengo da Marte con questa roba qui. Tramite Pippo e Vince, però, stiamo conoscendo una vera e propria scena blues italiana. Penso alla Morblus Band di Roberto Morbioli, ai fratelli Limido…

MM Non c'entra nulla con la domanda ma mi sembra giusto citare il fonico Tommaso Colliva che ci ha dato una grossa mano nel catturare i momenti giusti, era tempestivo nel cogliere il momento magico della Jam e penso che questo gli vada assolutamente riconosciuto.

EF Si, infatti,: Anima Blues è figlio di tre vecchi arnesi vintage come noi, io Vince e Pippo, e dei giovani di talento che vivono con passione questa musica, dei nostri tempi, che per loro è però già diventata classico.

Il disco verrà distribuito all'estero?

EF Credo proprio di si. Ti dirò che al momento il disco non è distribuito all'estero, però è di mia proprietà, e se la Edel non riesce a piazzarlo entro tre mesi diventa mio, cioè resta mio e a questo punto cercherò di piazzarlo io, vendendolo magari a qualche piccola etichetta specializzata nella musica blues.

Ultima domanda: i cinque dischi che porti sull'isola deserta.

EF The London Howlin Wolf Sessions, Exile on Main Street dei Rolling Stones, Le sonate di Scarlatti, eseguite da Vladimir Horowitz, Welcome to the cruel world di Ben Harper ed Anima Blues.

 

 


<Credits>