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Americana, singer-songwriter di
Fabio Cerbone (01/03/2013)
Come capita spesso per i
"raindogs" più emarginati del cantautorato americano, lo strano nome di
Hayward Williams lo avevamo sfiorato diverse volte su queste pagine,
una di quelle promesse per cui solitamente si prevede già che non faranno
mai il botto, chiuse a riccio nella loro irreprensibile figura di storyteller
dalla voce troppo onesta per sollevare i consensi del grande pubblico.
Haymaker con ogni probabilità non ribalterà il tavolo -
abbiamo smesso di crederci anche a noi a certe favole - eppure scarta
in maniera sensibile dal tracciato malinconico, acustico del suo precedente
lavoro Cotton
Bell, cosegnandoci uno dei songwriter Americana più interessanti,
intelligenti, eclettici della recente stagione. Costruendo un intimo rock
delle radici che si apre da una lato ai ritmi notturni e introspettivi
del migliore Ryan Adams (da qualche parte fra l'esordio Heartbreaker e
la maturità di questi ultimi anni) e dall'altro alle vibrazioni di una
canzone soul dalle molte suggestioni d'autore, Williams riprende alcune
belle intuizioni che rimanevano irrisolte nel suo Another
Sailor's Dream del 2007, realizzando finalmente il suo disco
più ambizioso e completo.
Merito anche di una campagna lanciata sulla piattaforma Kickstarter tra
adepti e amici, sostenitori di un progetto che ha potutto rischiare qualcosa
di più in temrini di produzione e musicisti: magia dunque dell'arte democratica
(e per qualcuno livellatrice) di internet, che quando funziona però porta
indiscutibilmente a risultati come quelli rappresentati da Haymaker. Settemila
e passa dollari raccimolati, una gestione in combutta con il chitarrista
Daniel McMahon e gli esiti si chiamano Siren
Sound, arpeggio country blues e drammatiche atmosfere di fondo
a simboleggiare l'isolamento e il freddo del Wisconsin da cui proviene
Williams; oppure What's Coming, rabbuiata
ballata elettrica piena di animosità; e ancora A
Drop in the Delta, inquieta corsa su pulsioni boogie blues
da animale notturno e un finale chitarristico in acido. Che vi siano spunti
musicali fuori dalla solita norma Americana è innegabile, pur restando
con i piedi ben saldi dentro la tradizione del cantautorato americano
(e peraltro frequentazioni e conoscenze del nostro Hayward con Jeffrey
Foucault, Peter Mulvey e i giovani Cameron McGill e Miles Nielsen lo confermano),
ma i cambi di umore di Haymaker sono anche un rimbrotto per tutti quei
mestieranti del genere che si preoccupano troppo di questioni di aderenza
ad uno stile e poco di assecondare il proprio estro.
Williams invece, con una voce non indifferente che passa da aromi soulful
a tonalità profonde, si concede volentieri alle sbandate: Before
the Storm vibra su un groove quasi glam rock degno di T Rex,
Bullet Report ci va vicino declinando
una sorta di moderno rockabilly, mentre Dead
Wood Calm predilige la strada di un fascinoso alt-country dalle
tinte nere e la trasparente, bellissima Winter
Bird si contamina con finezze e riverberi country soul, in
un avvolgente incastro tra fiati, cori e chitarre. C'è un'eleganza e un
equilibrio per nulla artificiale nella musica di Hayward Williams e se
il suo cammino avrà pure avuto inizio sulle corde di una vecchia Gibson
LG del 1964, regalatagli dalla madre ad un mercatino, non sembra affatto
che Haymaker si fermi alle consuete regole del buon songwriter (High
Horse e in chiave più elettrica All
Too Willing scontano certamente molti debiti con il modello
Ryan Adams, ma non sono pallide imitazioni), provando semplicemente a
scrivere belle canzoni. Magari potreste partire dalla fine, con una Paper
Chains grondante di soul, che ha tutti gli elementi per sintetizzare
al meglio le qualità di questo album: poco "rivoluzionario"
per chi vuole sempre e comunque rompere gli schemi, spesso a prescindere
dalla sostanza, una piccola scoperta invece per chi pensa che le canzoni
abbiano bisogno di mille attenzioni e molta empatia.