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Doc Watson and Gaither Carlton

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Mike Cooper
Life and Death in Paradise + Milan Live Acoustic 2018
[Paradise of Bachelors/ Goodfellas 2023]

Sulla rete: mikecooper.bandcamp.com

File Under: free folk-rock improvisation


di Domenico Grio (04/10/2023)

Life and Death in Paradise uscì nel 1974 e fu accolto abbastanza freddamente. In realtà, in tutta la sua carriera Mike Cooper non è mai riuscito ad ottenere quel riscontro di pubblico e di critica che avrebbe senz’altro meritato. Probabilmente a penalizzarlo oltremodo, sembra azzardato a dirsi, fu la sua scelta di abbandonare l’ortodossia della scena folk e blues britannica frequentata agli esordi, per allargare la sfera d’interesse e cercare nuove modalità espressive, sfruttando la sua propensione all’improvvisazione, la sua attitudine cantautoriale e la voglia di metabolizzare i linguaggi del suo tempo.

Non che il fatto di rimanere tenacemente agganciato alla tradizione lo avrebbe mai proiettato nell’olimpo dei miti del rock, ma è lecito ritenere che avrebbe reso la sua arte più identificabile, più fruibile e gli avrebbe consentito con gli anni, come accaduto ad altri suoi colleghi dell’epoca (un nome su tutti Michael Chapman, ndr), di conquistarsi il suo posto d’onore in un ambito che, tutto sommato, è meno ristretto di ciò che si possa credere. Invece è evidente che, dopo i primi timidi tentativi di uscire dagli schemi, ritenesse finalmente giunto per lui il momento di suonare ciò che davvero desiderava, senza troppi calcoli e con la consapevolezza forse di non avere più molto da perdere.

Un album che viaggiasse lungo coordinate inedite, in cui il gusto e la verve interpretativa di Van Morrison, potessero fondersi con i colori sgargianti dell’epopea glam e con le strutture elaborate del free jazz e della fusion. È lui quindi a scegliere cosa fare, come farlo e anche con chi farlo. Pretende infatti di avere al suo fianco il batterista Louis Moholo, il bassista Harry Miller, jazzisti sudafricani, e il sassofonista inglese Mike Osborne, gente in grado assecondarlo per tecnica e attitudine artistica. Insomma, con “Vita e Morte in Paradiso” l’allora giovincello chitarrista di Reading fa all in, punta tutto su se stesso e se non riesce a portare a casa tutta la posta, di certo non esce neppure perdente. Brani come Black Night Crash, O.M.M. Coda e Suicide Deluxe, giusto per citare la sequenza iniziale dell’album, presentano il piano di lavoro e portano subito la sua musica in un territorio dal quale si rivelerà difficile fare ritorno.

Nessuna concessione, nessuna facilitazione e una nuova prospettiva che apre alla sperimentazione, persino alla musica contemporanea, a quella che sarà una costante ricerca verso forme più complesse di linguaggio, sempre ben agganciate al folk ed al blues e in qualche misura già aperte alle sonorità del mondo. Non è un capolavoro ed è un album difficile, brani lunghi e spesso ridondanti che puntano tanto sull’effetto straniante del flusso assiduo di note, roba un po' "intellettualoide" se vogliamo. Ma è anche un lavoro originale, che si deve lasciare scorrere, annusare pezzo dopo pezzo e che va saputo sintetizzare cogliendo il risultato sonoro d’insieme.

Ma è la seconda parte del disco, quella acustica registrata live a Milano nel 2018, inserita come bonus in questa ristampa a cura della Paradise of Bachelors, che alza a dismisura il livello del disco. Mike dà prova di saperci fare e parecchio con la chitarra resofonica, usa una cracklebox e registrazioni casalinghe con rumori ed effetti di vario genere. Migrants Song, Approaching Zero e Industrial Hazard sono dei veri gioiellini incastonati nel silenzio che buca le note, che impone le linee da seguire, che riporta all’essenza la musica di questo esploratore ultraottantenne tornato dopo tanto girovagare, almeno per una notte, laddove tutto aveva avuto inizio.