RootsHighway
2013 revisited
di Fabio Cerbone
Scontando probabilmente l'assenza di qualche mostro
sacro della canzone rock americana, come era avvenuto
in effetti in un 2012 dominato dal ritorno di "big",
si è aperto forse uno spazio maggiore per
nuovi talenti e alcune belle conferme dal mondo
del nuovo folk, dell'indie rock, dell'Americana...insomma
di tutto quel sottobosco che andiamo indagando da
sempre su RootsHighway. Non nascondiamo una certa
soddisfazione in tutto ciò, perché
rilanciare il nostro ruolo di "cercatori"
è sempre stato l'obiettivo principale del
sito: difficile in effetti segnare una bussola precisa
fra i generi, è ormai la caratteristica principale
di questa era musicale, ma RoootsHighway deve restare
un luogo dove tradizione e modernità di incontrano,
dove il passato ha un valore, ma non per partito
preso e il futuro deve sempre volgere uno sguardo
indietro, per non perdere del tutto l'orientamento.
Così almeno appare la nostra top 10 del 2013
(per quella dei lettori vi rimandiamo alla specifica
pagina e al breve commento introduttivo): più
bilanciata tra vecchio e nuovo, tra titoli irrinunciabili
e nomi su cui ormai vale la pena spendere la propria
fiducia ad ogni nuova uscita. Certo, il valore del
tempo trascorso e di una figura artistica ingombrante,
costruita con la forza della propria musica, giocano
ancora un ruolo centrale per l'imposizione di personaggi
quali Nick Cave, Mavis Staples o Steve Earle (e
un po' più in basso nella graduatoria David
Bowie, Roy Harper o Richard Thompson), ognuno nel
suo campo d'azione capace di stupire, rimettersi
in discussione o semplicemente conquistare dopo
una carriera che sembrerebbe non chiedere più
nulla. Ma è altrettanto vero che nel mezzo
crescono "nuovi classici": altrimenti
non sapremmo definire la piena maturità di
Bill Callahan, autore per eccellenza del folk americano
contemporaneo, l'imposizione quasi da "Re Mida"
di Jonathan Wilson per il risorgimento della West
Coast, e ancora la qualità costante del processo
creativo di Okkervil River e Iron&Wine o infine
la vivacità della black music per mano degli
opposti, Valerie June e Black Joe Lewis.
In ultimo ma non ultimo, fra le promesse in erba
che nel corso di questi anni abbiamo avuto la costanza
di seguire passo dopo passo, ci fa piacere ritrovare
e ribadire una volta di più la forza del
canto di Laura Marling, la profondità di
un Jason Isbell tramutatosi in songwriter dalla
vena introspettiva o la sorprendente trasformazione
del folk di Phosphorescent in una sorta di nuova
cosmic americana. Resta l'impressione generale di
una certa vitalità al di fuori delle regole
più codificate degli stili: roots, folk music
e rock'n'roll rimangono per noi linguaggi interessanti
quando si sporcano le mani (Califone, Lee Harvey
Osmond) o quando restituiscono dignità al
concetto di classico grazie a freschezza e ingenuità
(si vedano i casi di Houndmouth, Hayward Williams,
Amos Lee...), meno quando si rinchiudono nel loro
piccolo recinto. Il resto, speramo il più
dettagliato possibile, compresi piccoli e grandi
esclusi, lo trovate nelle pagine qui sopra: come
sempre buona lettura e buona caccia, se qualcosa
dovesse esservi sfuggito strada facendo.
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